È il momento di dirsela tutta, anzi tutti. Per una volta infatti proviamo a mettere in fila i nomi e le caratteristiche dei tradizionali biscotti del Piemonte. Scopriremo che sono tanti, davvero golosissimi e magari non tutti così conosciuti. Per iniziare contiamoli, sono 12, solo i principali ovviamente, e scusate se è poco per un’unica regione d’Italia. Ma ecco, puntuale puntuale, l’elenco delle nostre squisitezze.
Baci di dama
L’origine dei baci di Dama non è certa: alcune fonti li fanno risalire alla città di Tortona, mentre altre a una zona non precisata della Corte dei Savoia, intorno al 1800. Qualunque sia la storia vera, questi dolci dal nome romantico sono una delle eccellenze più note della pasticceria piemontese, preparati con farina, nocciole, zucchero, cioccolato fondente e burro. Le varianti di questa ricetta sono parecchie: la più nota è quella di Alassio, brevettata nel 1919 da Pasquale Balzola. Agli ingredienti classici, in questa versione si aggiungono cacao e miele.
Acsenti
I primi biscotti di cui vi parliamo sono tipici di Sandigliano, in provincia di Biella, gli Acsenti. Realizzati con farina di mais a cui si aggiunge farina bianca, zucchero e alvà, nome piemontese per il lievito madre. Fatto l’impasto, sono suddivisi in piccole porzioni a forma di S, oppure rotonde, e cotti nel forno. Originariamente erano legati alla festa della Madonna delle Grazie, della seconda settimana di settembre e in questa occasione all’impasto originale viene aggiunto un po’ di burro. Col tempo si sono diffusi anche come biscotti da colazione.
Amaretti piemontesi
Si trovano un po’ in tutta Italia, ma sono particolarmente legati all’area che collega il savonese con il basso Piemonte dove si trovano amaretti di tanti tipi differenti, dai più secchi ai più morbidi, da quelli leggeri e friabili ai più compatti. Gli ingredienti fondamentali sono mandorle dolci e/o amare, albume d’uovo e zucchero, a volte con l’aggiunta delle armelline, i noccioli di albicocca che donano una nota di amaro più netta. In Piemonte ce ne sono diverse varietà: fra le più note gli amaretti di Mombaruzzo, quelli di Valenza, quelli di Gavi, quelli di Acqui Terme e di Ovada.
Baci di Cherasco
L’abbinamento fra cioccolato fondente e nocciole delle Langhe risale agli inizi dell’‘800 quando un pasticcere, rimasto anonimo, tornò al suo paese natale – Cherasco in provincia di Cuneo – e mise a punto questi dolci croccanti dalla forma irregolare. Sono preparati con cioccolato fondente, nocciole tostate (di solito la varietà Tonda gentile delle Langhe) e burro di cacao, mescolati insieme per ottenere un impasto morbido. Il composto viene quindi suddiviso in tante porzioni che, una volta cotte, assumeranno la tipica forma. La ricetta originale è segreta, tenuta gelosamente nascosta nei laboratori dei maestri pasticceri di Cherasco.
Bicciolani di Vercelli
Il nome di questo dolce dalle origini rinascimentali deriva da una celebre maschera del carnevale di Vercelli. Inventato da Carlo Provinciale, la ricetta originale fu ceduta nella prima metà del ‘900 al pasticcere Vittorio Rosso da Margherita Flecchia, pronipote di Provinciale: ancora oggi i suoi eredi continuano a mantenerla segreta. Il biscotto ebbe grande fortuna, tanto che nel 1903 la venne proclamato da casa Savoia “patrimonio unico e irrinunciabile della tradizione cultural-gastronomica piemontese”. Si preparano con farina bianca, burro, zucchero e uova a cui si aggiunge una miscela di spezie: chiodi di garofano, cannella, cardamomo, coriandolo, pepe bianco e pepe nero. Ogni pasticcere vercellese segue la sua ricetta, variando la proporzione delle spezie.
Krumiri di Casale Monferrato
Un biscotto che nasce subito dopo l’unificazione italiana, per la precisione nel 1870, quando il pasticcere Domenico Rossi decise di sperimentare un prodotto nuovo. Ma la data “ufficiale” della nascita dei krumiri coincide con la morte del primo Re d’Italia, Vittorio Emanuele II, nel 1878: si narra che la forma di questo biscotto derivi proprio da quella dei baffi reali. Il nome invece si rifà alla parola “crumiro”, che indica il lavoratore che non aderisce allo sciopero, parola che a sua volta deriva da quella della tribù tunisina dei Khumir nota per il cosiddetto “lo schiaffo di Tunisi” del 1881. La ricetta originale vuole farina di grano tenero 0 oppure 1 (qualche pasticcere aggiunge una parte di farina di mais), burro, zucchero, tuorli d’uovo e vaniglia fresca. La caratteristica zigrinatura della superficie viene ottenuta tramite una speciale sac-à-poche o, nelle produzioni più abbondanti, tramite l’uso dell’estrusore.
Lingue di gatto
Come dice il nome, la forma ricorda la lingua di un gatto. Si tratta di un biscotto diffuso in tutta Italia e in diversi paesi d’Europa, ma che in Piemonte trova una sua ricetta specifica e una città d’adozione. Sono nati nella Parigi degli anni ’20, ad opera di un pasticcere fan di Charles Perrault, il padre del Gatto con gli stivali (cosa che ne spiega il nome). Arrivano in Italia grazie ai legami di Casa Savoia con le famiglie nobiliari francesi. Sono fatti con farina, burro di panna ammorbidito, albumi e zucchero, e a differenza delle lingue di gatto parigine, in quelle piemontesi non si usa il cioccolato.
Margheritine di Stresa
Biscotti tipici del piccolo comune di Stresa, in provincia di Verbano-Cusio-Ossola. Creati nel 1857 da Pietro Antonio Bolongaro nella pasticceria di famiglia, diventarono subito molto celebri fra i nobili piemontesi. Il loro nome deriva dalla principessa Margherita – che poi diventerà una delle regine italiane più famose – a cui erano stati offerti in occasione della sua prima comunione. Margherita rimase talmente entusiasta per il sapore delicato dei biscotti che, una volta salita al trono, ordinò che diventassero i dolci ufficiali da offrire al consueto ricevimento di ferragosto della Casa Reale. Si preparano con farina 00, fecola, burro, tuorlo d’uovo sodo setacciato, zucchero, vaniglia e scorza di limone.
Nocciolini di Chivasso
Il nome originale di questi biscotti era noisette, nocciole in francese, oppure noasèt, in piemontese: sono diventati nocciolini in epoca fascista, quando era d’uso italianizzare i nomi. Inventati dal pasticcere di Chivasso Giovanni Podio, devono la loro fortuna al lavoro di Ernesto Nazzaro, genero di Podio, che li portò all’Esposizione Universale del 1900 a Parigi. I biscotti ottennero un tale successo che nel 1904 Nazzaro ottenne il brevetto col marchio di fabbrica dal Ministero del Commercio del Regno d’Italia. La fama dei nocciolini si diffuse in maniera ancora più capillare quando Vittorio Emanuele III di Savoia fece di Nazzaro il fornitore della Real Casa.
La ricetta è semplicissima: nocciole, albumi d’uovo e zucchero. Le nocciole, della varietà Tonda gentile delle Langhe, vengono sgusciate e tostate, poi mescolate con lo zucchero e l’albume: la pasta ottenuta viene fatta colare goccia a goccia su una placca da forno e qui cotta. I nocciolini tradizionali sono molto piccoli, pressappoco quanto un’unghia, ma di recente è nata una versione più grande, con biscotti che arrivano anche ai 3-4 cm e chiamati appunto “noccioloni”.
Paste di Meliga
Secondo la tradizione, le paste di Meliga, paste ‘d melia in piemontese, sarebbero nate in seguito a un cattivo raccolto che avrebbe fatto salire alle stelle il prezzo del frumento. I fornai cominciarono quindi a mescolare la farina 00 con il frumento di mais, una farina ricavata dal mais macinato finissimo, non utilizzabile per la polenta ma solo per i dolci. Oltre alla farina di frumento e alla farina di mais, la ricetta prevede burro, zucchero, miele, uova e scorza di limone. La macinatura molto fine regala a questo prodotto una friabilità intensa e un gusto molto definito. Sono dolci tipici della zona del Cuneese, in particolare del Monregalese, ma sono diffuse anche in provincia di Biella e in altre zone del torinese come la Val di Susa, la Val Cenischia e la Val Chisone. Da non confondere con la paste di meliga di Sant’Ambrogio, le paste di Pamparato e quelle di Barge e Sanfront.
Quaquare di Genola
Le quaquare prendono il nome dal termine dialettale con cui in Piemonte si indicano i maggiolini, coleotteri un tempo molto diffusi nelle campagne di cui i biscotti ricordano la forma. Si fanno con farina di grano tenero, burro, albume d’uovo, zucchero e scorza di limone. Benché siano prodotti anche da alcuni opifici nella zona di Genola, in provincia di Cuneo, la loro peculiarità è quella di essere preparati dalle famiglie del piccolo centro durante le tre settimane della festa di S. Marziano e cotti nel forno comune. Ogni famiglia, ovviamente, ha una sua ricetta segreta. I biscotti fatti per la festa vengono conservati tutto l’anno dentro le burnie, barattoli di vetro con chiusura ermetica, che permettono di mantenerne intatta la fragranza.
Tirulen
Originario di Isola d’Asti, il nome di questo biscotto deriva dal gesto che si fa per prepararli: quando l’impasto dei biscotti è pronto se ne “tirano” delle parti per formare i vari dolcetti. Sono realizzati con farina, zucchero, latte, burro, nocciole, scorza di limone grattugiata e lievito, hanno una consistenza molto friabile e una superficie volutamente rugosa, grandi dimensioni e un gusto dolce con delle note amarognole. I piemontesi li mangiano nel latte ma anche abbinati ai vini dolci.