Sedici anni dopo quell’idea visionaria di un gruppo di «saggi» del vino «il Nizza» è realtà. Una Docg 100% Barbera che toglie dall’etichetta il nome del vitigno per parlare del territorio in cui viene prodotta: i 18 comuni del circondario di Nizza Monferrato, quel pezzo di Sud Astigiano «gran cru» della Barbera.
Festa stellata
Sul calendario dei vignaioli c’è una data cerchiata in rosso (Barbera): 1° luglio 2016. Da quel giorno, venerdì, le oltre 40 cantine del Nizza potranno imbottigliare i vini che riposano dalla vendemmia 2014. Sedici anni di attesa valgono una festa «stellata» e allora venerdì sera, nel centro storico, una cena già sold out, rigorosamente innaffiata con i Nizza, firmata da 4 chef con la stella Michelin: Mariuccia Ferrero (San Marco di Canelli), Bruna Cane (i Caffi di Acqui Terme), Walter Ferretto (il Cascinalenuovo di Isola) e Massimiliano Musso (Ca’ Vittoria di Tigliole). «Il Nizza è orgoglio, passione e dedizione al vino – le prime parole di Gianni Bertolino, presidente della Produttori Nizza -. Nasce nel vigneto, matura in cantina ed è pronto per entrare nelle carte dei migliori ristoranti ed enoteche del mondo».
Il disciplinare
Ha un disciplinare rigidissimo: 70 quintali di uva per ettaro provenienti dai migliori vigneti esposti a sud delle terre del Nizza e 2 anni di affinamento in cantina passando per 6 mesi in legno. L’idea nasce da lontano. Negli anni ’90 la barbera cercava di andare oltre «l’etichetta» di vino popolare ed il mercato globale ha aperto le porte alle cantine del Piemonte. «Iniziai ad esportare in Usa – racconta Michele Chiaro, tra i patriarchi del vino astigiano -, ma il mercato non decollava. Capì dopo un viaggio in America che un vino si vede se ha dietro una storia ed un territorio». Rientrato in patria si sedette al tavolo con colleghi ed amici innamorati della Barbera e nacque l’idea che si concretizzerà, nel 2000, in una «sottozona» Nizza della Barbera d’Asti.
«Per la Docg abbiamo fatto un passo in avanti – aggiunge Bertolino parlando del disciplinare -: si potrà fare un “Nizza” e un “Nizza Riserva”. In più abbiamo concesso l’imbottigliamento anche fuori provincia». Il motivo è semplice, ora anche le grandi cantine del Barolo guardano a questa nuova denominazione e stanno acquistando vigneti per iniziare la produzione. Il perché lo sintetizza, con l’umorismo che lo contraddistingue, l’enologo Giuliano Noé: «Se il medico mi ordinasse di bere un solo vino io sceglierei il Nizza». [di Riccardo Coletti, La Stampa del 30 giugno 2016]