“Bastassero il terroir e l’uva matura, il vino di successo lo farebbe qualunque vignaiolo dotato dei due ingredienti. E invece serve ben altro nel mezzo, serve la mano, la tecnica, l’ispirazione, e altre duemila cose che hanno a che fare con l’esperienza. E comunque sia non è ancora sufficiente, ci vuole anche qualche astuta mossa di marketing, di posizionamento, soprattutto adesso che nel uebbe duepuntozzero hanno aperto le stalle e sono uscite fuori un sacco di bestie che scrivono in giro, signora mia, e qui non sai più dove andiamo a finire. Le bestiacce in questione non sono mai contente, se non gli fai vedere qualche trovata funambolica non ti recensiranno mai. E siccome la massima aspirazione di ogni produttore, oggi, è mezza riga di recensione su un blog qualsiasi, ecco cosa devi produrre.
Qualunque cosa che abbia il fondo. Prosecco col fondo? Già superato, devi esportare la feccia. Non importa cosa produci, se gewürztraminer o aglianico: piazzaci il fondo. Non filtrarlo, lascialo torbido, e stai tranquillo che prima o poi qualcuno ci puccia il biscotto. Coi primi soldi ti togli la soddisfazione di pagare il killer per far fuori quell’inutile fornitore di filtri. Del tuo vino scriveranno: ”struggente, antico, arcaico, archetipico, nebbioso, sabbioso, subliminale, metafisico, junghiano”.
Qualunque cosa che sia rifermentata a vostra insaputa. Qui non si tratta di far rifermentare il vino in bottiglia (dilettanti, ormai son capaci tutti). Deve succedere qualche tempo dopo nella cantina del cliente, che così si ritrova la sorpresa, anzi si sente coinvolto nel wine making e un po’ si bulla con la moglie (“vedi cara che ho fatto bene a metterlo nel box dove ci picchia il sole?”) — per intenderci, non parliamo di rifermentazioni indesiderate, dovete girarla sul piano esoterico, “belìn è una magia”. Descrittori possibili: ”vitale, vissuto, vitalista, inatteso, insperato, spirituale, animato, animoso, animale, arcano”.
La barrique interrata nella giara immersa nel lago. Devi batterli con la quantità: la barrique è già vista, la giara non ne parliamo, il vino sommerso in mare pure quello lo conosciamo, insomma qui bisogna spiazzarli con l’esagerazione. Il massimo è sommare gli input, che provocano un system overflow comunicativo di sicuro effetto. Arriveranno descrittori come “interiore, internale, interinale, sprofondante, profondente, spropositato, metalinguistico, apodittico”.
La biocertificazione aliena. Fatti una risata sul logo Demeter del tuo confinante: anche se la BAL (biocertificazione aliena) richiederà un’inevitabile menzogna — ma non ho mai detto che i consigli erano legali. Si procede così: di notte col trattore spianate un bel po’ di vigneto disegnando dei cerchi, che in questo caso non saranno cerchi nel grano ma cerchi nel vigneto. Inserire quindi nel pittogramma un messaggio in codice binario, del tipo “questa vigna è riconosciuta patrimonio galattico dell’umanità grigia di Zeta Reticuli”. Certo si perde un 40% di prodotto ma chissenefrega, con quella certificazione aumentate del 300% il fatturato lavorando di meno. I descrittori saranno “celeste, celestiale, stellare, reticolare, iperspaziale, extraterreno, extraterroir”.” (Fiorenzo Sartore, http://www.intravino.com, 02 dicembre 2014).