Chi furono i primi a importare la vite in Piemonte?
Navigatori Fenici o Greci che nel VI secolo a. cristo giungendo sulle coste dell’antica Liguria diffusero le barbatelle della madrepatria e le tecniche vinicole fino presso le tribù dell’entroterra? Oppure furono gli Etruschi, ottimi vinificatori e commercianti di Moscato? Certo è che quando vi giunsero i Romani la coltivazione della vite divenne ben più intensiva e diffusa. Le legioni di Roma, grandi consumatrici di vino, capirono presto che i terreni di queste terre abitate da bellicosi guerrieri celto-liguri erano molto adatte alla produzione di uva e vino.
Reperti archeologici presso Alba, Pollenzo, Santa Vittoria, Asti e in tutto il Monferrato parlano di una diffusissima presenza di vigne e di attività collegate come la produzione di anfore e grandi vasi “potori” per il trasporto del prodotto. Le successive invasioni di Goti e Longobardi condussero i curati vigneti dei romani a un rapido abbandono; declino frenato solo con il diffondersi di monasteri e abbazie: esigenze di culto prima e ragioni di commercio poi, imposero la ripresa della coltivazione della vite in tutto il Piemonte medievale.
Dal Trecento i trattati di viticoltura ci parlano di tecniche di coltivazione e citano i nomi degli antenati dei nostri vitigni: muscatellum, renexium, nebiolum…, mentre nel corso del Quattrocento e del Cinquecento diversi manuali di illustri assaggiatori e “bottiglieri” iniziarono a far apprezzare e conoscere – sin sulle raffinate tavole pontificie – le virtù dei vini nostrani
Un documento del giugno 1617 ne conta ben 37 solo a Nizza Monferrato. Con il Settecento le prime vere catalogazioni di vini e i primi bandi a tutela delle produzioni vinicole – oltre a mappe catastali sempre più dettagliate – divennero esempi di un nuovo modo di concepire la coltivazione della vite. Da quel momento Langhe e Monferrato scoprirono nel vino la loro naturale vocazione.
I contadini cominciarono a dare maggiore valore e importanza alla vigna contribuendo – con la rivoluzione dei mezzi di trasporto e la specializzazione economica del territorio – a far mutare il paesaggio delle colline. Le vigne ridisegnarono l’ambiente monferrino. Il prato, il campo, il bosco, ancora indispensabili per sfamare e riscaldare la famiglia, convissero ancora a lungo accanto a una vigna che stava però guadagnando un posto privilegiato nell’economia e nella geografia del podere: da lassù, sui versanti collinari più belli e isolati avrebbe dominato, da quel momento in poi, lo scenario di questo angolo di Piemonte.