La leggenda vuole sia stato Aleramo a inventarsi il Monferrato. Lanciando al galoppo il suo cavallo verso la promessa dell’imperatore Ottone I di tenere per sé tutto il territorio che fosse riuscito ad abbracciare in tre giorni di cavalcata furibonda. E il suo strano nome? Sempre merito di Aleramo che nella fretta di ferrare il suo destriero utilizzò un mattone. Mon – mattone – fra – ferrato. Un’altra ipotesi lo fa invece derivare da mons ferax – monte fertile. In ogni caso il Monferrato è quella generosa terra da vino – storicamente conteso territorio di frontiera – che nel cuore del Piemonte va da Torino sino ai confini orientali con Alessandria, e da nord a sud si estende dalla fascia collinare del Po sino alle ultime propaggini della Langa astigiana. Un territorio variegato ed esteso dove il vino è signore incontrastato, ma declinato in una varietà così diversificata da rispecchiare in pieno le profonde differenze di paesaggio che il Monferrato offre.
Dalla zona di Ovada punteggiata di castelli e vigne e boschi, al territorio di Casale dove le ultime colline si affacciano sulle risaie a ridosso dei crinali. E poi al centro, nel Monferrato astigiano, dove si concentra la maggior parte delle doc d’Asti (Barbera, Moscato, Dolcetto, Freisa, Grignolino, Asti spumante) e dove l’occhio spazia da prati, campi e pioppeti nelle valli, alle colline. È questo il paesaggio che si incontra salendo a mezza costa tra Castelnuovo Calcea e Montaldo Scarampi, tra Calosso e Santo Stefano Belbo, tra Costigliole e Montegrosso, tra Vinchio e Nizza Monferrato. È qui che batte il cuore del Monferrato.